I detti che si tramandano da una generazione all’altra sono qualcosa di meraviglioso. Li apprendiamo e interiorizziamo, li facciamo nostri, senza fermarci a chiedere realmente cosa significhino. La maggior parte delle persone li apprende da nonne e nonni, o comunque da generazioni precedenti molto più avvezze al loro utilizzo. Certo, il dono della sintesi non è cosa da poco, ed esprimere qualcosa di complesso con una sola breve frase spesso ci aiuta notevolmente, è una risorsa preziosa. Prendiamo un esempio totalmente a caso, sfido chiunque a non conoscere il detto “l’età è solo un numero”, spessissimo usato nel contesto delle relazioni sentimentali per giustificare le coppie con una notevole differenza di età. Proviamo a riflettere sul significato reale di questo detto, apparentemente è molto chiaro: l’età non conta, mai e a prescindere, non è utile come informazione. Prima di decidere se siamo d’accordo dobbiamo assolutamente chiederci: in quali ambiti? In amore? Al lavoro? In famiglia?
In realtà, pensando banalmente ai vari aspetti della vita quotidiana, non è difficile capire perché, secondo noi, l’età, nella maggior parte dei casi, conta eccome!
Alcuni psicologi che hanno fondato importanti correnti di pensiero (ad esempio E. Erikson), ritengono che si possano individuare determinati “compiti evolutivi” cioè delle richieste e delle aspettative che si hanno nei confronti delle loro persone, in base al momento del ciclo di vita in cui si trovano, ovvero in base alla loro età! Il discorso è in realtà molto complesso: sulla definizione dei compiti evolutivi incidono moltissimi fattori, in primis la cultura di appartenenza che veicola credenze, desideri, opinioni, aspettative molto diverse. L’età però è sicuramente un punto di riferimento, perché indica in linea di massima a che punto della vita si trova una persona e di conseguenza cosa la famiglia, gli amici, la società si aspettano da questa. In effetti, dato che siamo in vena di modi di dire popolari, “ogni cosa a suo tempo”. Alle scuole elementari ci si aspetta dai bambini che inizino ad acquisire un minimo di autonomia, ad esempio nello svolgimento dei compiti o nella richiesta di un aiuto con piccole faccende domestiche (ad esempio apparecchiare la tavola); alle scuole medie iniziano a svilupparsi più gli aspetti di socializzazione e aggregazione, quindi è perfettamente normale aspettarsi dal proprio figlio pre-adolescente che ci chieda di andare a prendere un gelato con i compagni di scuola; in età adolescenziale il compito principale è quello di “scoprire chi siamo”, ciò avviene con una prima separazione dai genitori che si manifesta con comportamenti a volte scontrosi o oppositivi, che in una certa misura è normale aspettarsi; con l’ingresso nella prima età adulta all’università o al primo lavoro ci si aspetta un movimento ancora più di autonomia e indipendenza che completi il processo del “capire chi siamo” iniziato in adolescenza; superati i 30/35 anni, il mondo intorno a noi storce il naso se non abbiamo ancora messo su famiglia e trovato casa; quando finalmente si ha una famiglia e un lavoro ci si aspetta di saper conciliare al meglio questi due ambiti; durante l’anzianità infine ci si aspetta… cosa ci si aspetta?
Dopo questo breve e sicuramente non esaustivo excursus delle aspettative legate ad ogni fascia d’età sorge spontanea una domanda: se non rispetto le aspettative, allora sono “fuori tempo?”
Fortunatamente la vita non funziona come un’orchestra in cui tutti i singoli elementi devono sincronizzarsi per comporre l’armonia perfetta, non bisogna andare a cadere in una rigidità opprimente che annulla e mortifica le diversità di ciascuno. Piuttosto possiamo pensare ai “tempi della vita” di ciascuno come ai tempi di fioritura di un immenso giardino: ogni singolo fiore ha il suo tempo per sbocciare, cadere e ricrescere più bello di prima. Ognuno di noi ha il suo personalissimo tempo e sarebbe sbagliato affermare che ci sono determinate cose che possono essere fatte solo a determinate età: cadere negli estremismi è sempre “pericoloso”, non possiamo dire che l’età non conta tanto quanto non possiamo dire che è un vincolo.
Il sentirsi fuori tempo però è spesso un sentimento molto diffuso, come mai? Come abbiamo già detto le aspettative legate all’età e al momento della vita in cui ci troviamo subiscono una forte influenza dalla cultura. La cultura però non è qualcosa di statico, è estremamente legata al tempo, proprio come l’età: il tempo storico, collettivo, sociale, ma anche quello individuale! La cultura ci impone dei continui confronti tra quello che è stato il nostro passato, quello che è il nostro presente e quello che sarà il nostro futuro.
Le differenze generazionali, tra età diverse, non sono valutate oggi solo alla luce del presente ma incide moltissimo il passato e le aspettative o desideri futuri. Avere 20 anni oggi, non è neanche lontanamente equiparabile ad aver avuto 20 anni negli anni ’40, così come avere 60 anni oggi non è equiparabile ad averli avuti il secolo scorso. Specialmente per il primo caso, fermiamoci un attimo a pensare ai 20enni degli anni ’40: sono oggi molto probabilmente vivi, e hanno le loro necessità, le loro aspettative e desideri. Avevate notato che è la prima volta nella storia del mondo in cui, grazie alle innovazioni mediche e tecnologiche, le persone vivono così a lungo?
Viviamo talmente tanto da determinare la presenza contemporanea di molte generazioni in una sola famiglia (una media di 5/6), ognuna con le sue necessità specifiche, sulla base delle loro età specifiche. La fascia di popolazione anziana oggi, che va sempre più ad aumentare, è paradossalmente una “nuova generazione”: in passato si moriva prima, molti dei bisogni degli anziani di oggi non li conosciamo o non sappiamo come soddisfarli poiché non si sono mai presentati.
Ritorniamo allora alla domanda iniziale: l’età conta? Si, perché l’età è il tempo personale di ciascuno e il tempo, purtroppo o per fortuna, conta quasi sempre! Prestare attenzione alle differenze di età, alle differenze tra le generazioni attuali e tra le generazioni di ieri e oggi è davvero molto importante, perché se si presta attenzione allo specifico tempo di ciascuno si possono rispettare le esigenze individuali e i bisogni personali. Se si tiene in considerazione il tempo personale si possono calibrare le aspettative generiche della società sul singolo, proprio come un musicista che prende gli accordi di un testo e, senza stravolgerli, applica delle piccole modifiche per dargli il suo personale taglio, per esprimersi essendo “a tempo con sé stesso”.